Per me i fratelli Coen resteranno sempre quelli di Mister Hula Hoop. Con l'imprinting non si scherza, del resto. Credo che diano il massimo quando danno sfogo al loro umorismo tagliente e surreale, con film cattivi come A Serious Man.
Temevo invece questo Il Grinta perchè l'altro remake dei Coen (Ladykillers) non solo non era paragonabile all'originale, ma era anche piuttosto debole in assoluto. Ammetto di dover recuperare l'originale con John Wayne, ma Il Grinta dei fratelli Coen (True Grit in originale) è un bellissimo film, che mi pacifica finalmente con il western, genere che ho sempre digerito poco se non in forme poco convenzionali come Butch Cassidy e Ritorno al Futuro III. Però un grande film è tale anche perchè travalica i generi e le preferenze personali e perchè, in un modo o nell'altro, arriva. O meglio, ti fa andare: andare insieme ai personaggi, sposare i loro codici morali anche se sono quelli del far west, sperare che lo becchino, quel maledetto, e gli sparino, perchè nel vecchio West ci si affidava a Dio, ma sempre con la pistola carica.
La storia di Mattie Ross che assolda uno sceriffo federale per vendicare la morte del padre non nasconde sottotesti e non si può leggere su più livelli: è una storia incentrata sui personaggi e su quello che accade loro. Il viaggio - in questo caso - non è metaforico, perchè ogni personaggio è un archetipo in quanto tale non può evolvere: se lo facesse, l'intera storia non avrebbe più senso. La sfida di un genere semplice come il western oggi è questa: appassionare e stupire con una di quelle storie che si possono raccontare anche intorno ad un falò e che dipendono - in fondo - solo dall'abilità del narratore. Sfida che i Coen raccolgono e vincono, grazie alla loro padronanza del mezzo cinematografico (splendida la sequenza della cavalcata notturna ed il fade-in iniziale, ma anche l'arrivo del treno, all'inizio, è visivamente molto suggestivo) e ad un cast di prim'ordine, visto che oggi si fa a gomitate per accostare il proprio nome a quello dei fratelli Coen: Jeff Bridges, Matt Damon e Josh Brolin espiano le loro opache prove in Tron Legacy, Hereafter e Wall Street, provando che anche un ottimo attore ha bisogno innanzitutto del giusto spartito, ma più di una volta ruba la scena a tutti loro Hailee Steinfeld nei panni di Mattie Ross, che è la vera ancora emotiva e morale della vicenda.
Un po' mi mancano i tempi di John Turturro e Tim Blake Nelson, ma non è certo Il Grinta a farmeli rimpiangere. I Coen sono cresciuti tanto e sanno fare grandi film ad un ritmo che Woody Allen se lo sogna (soprattutto visti i risultati). Prima o poi un altro Mister Hula Hoop salterà fuori, per la mia gioia, ma se l'alternativa è Il Grinta, ben venga.
Temevo invece questo Il Grinta perchè l'altro remake dei Coen (Ladykillers) non solo non era paragonabile all'originale, ma era anche piuttosto debole in assoluto. Ammetto di dover recuperare l'originale con John Wayne, ma Il Grinta dei fratelli Coen (True Grit in originale) è un bellissimo film, che mi pacifica finalmente con il western, genere che ho sempre digerito poco se non in forme poco convenzionali come Butch Cassidy e Ritorno al Futuro III. Però un grande film è tale anche perchè travalica i generi e le preferenze personali e perchè, in un modo o nell'altro, arriva. O meglio, ti fa andare: andare insieme ai personaggi, sposare i loro codici morali anche se sono quelli del far west, sperare che lo becchino, quel maledetto, e gli sparino, perchè nel vecchio West ci si affidava a Dio, ma sempre con la pistola carica.
La storia di Mattie Ross che assolda uno sceriffo federale per vendicare la morte del padre non nasconde sottotesti e non si può leggere su più livelli: è una storia incentrata sui personaggi e su quello che accade loro. Il viaggio - in questo caso - non è metaforico, perchè ogni personaggio è un archetipo in quanto tale non può evolvere: se lo facesse, l'intera storia non avrebbe più senso. La sfida di un genere semplice come il western oggi è questa: appassionare e stupire con una di quelle storie che si possono raccontare anche intorno ad un falò e che dipendono - in fondo - solo dall'abilità del narratore. Sfida che i Coen raccolgono e vincono, grazie alla loro padronanza del mezzo cinematografico (splendida la sequenza della cavalcata notturna ed il fade-in iniziale, ma anche l'arrivo del treno, all'inizio, è visivamente molto suggestivo) e ad un cast di prim'ordine, visto che oggi si fa a gomitate per accostare il proprio nome a quello dei fratelli Coen: Jeff Bridges, Matt Damon e Josh Brolin espiano le loro opache prove in Tron Legacy, Hereafter e Wall Street, provando che anche un ottimo attore ha bisogno innanzitutto del giusto spartito, ma più di una volta ruba la scena a tutti loro Hailee Steinfeld nei panni di Mattie Ross, che è la vera ancora emotiva e morale della vicenda.
Un po' mi mancano i tempi di John Turturro e Tim Blake Nelson, ma non è certo Il Grinta a farmeli rimpiangere. I Coen sono cresciuti tanto e sanno fare grandi film ad un ritmo che Woody Allen se lo sogna (soprattutto visti i risultati). Prima o poi un altro Mister Hula Hoop salterà fuori, per la mia gioia, ma se l'alternativa è Il Grinta, ben venga.
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