mercoledì 2 febbraio 2011

I Fantastici Viaggi di Gulliver

L’unica cosa grande quanto la panza di Jack Black è il suo talento. Ho l’impressione che potrebbe recitare un film intero (di qualunque tipo) solo con le sopracciglia, purchè il film sia scritto decentemente. Purtroppo, non è il caso de I Fantastici Viaggi di Gulliver: sarà che uno non scrive una sceneggiatura pensando che i pezzi forti saranno saccheggiati dal trailer, ma se al netto di quei due minuti non resta proprio nulla, qualche problema c’è. I Fantastici Viaggi di Gulliver è un maldestro tentativo di attualizzare la prima e più celebre parte del romanzo di Swift, svuotandola però di qualunque velleità satirica e morale e riducendola alla solita favoletta americana dell’imparare a superare i propri limiti per conquistare la ragazza dei propri sogni (e di quelli di un po’ tutti, essendo la tipa in questione Amanda Peet). Perché non una versione fedele al libro? Perché non un’ambientazione d’epoca? Perché non un adattamento avventuroso invece di questa melensa pacchianata sulla metafora della statura fisica? Ma gli americani lo sanno che i Viaggi di Gulliver si chiama così proprio perché Gulliver di viaggi ne ha fatti più d’uno? C’erano tutti i presupposti per avviare un franchise sullo stile de I Pirati dei Caraibi, secondo me, peccato davvero. Il problema serio però è il livello infimo dei dialoghi e la mediocrità con cui sono scritti i personaggi, che cambiano repentinamente indole e spessore a seconda delle necessità, in maniera veramente poco credibile ed al solo fine di trainare la scena/situazione successiva. E’ ironico è che Jack Black interpreti un personaggio estremamente insicuro quando tutto il film è basato sulla sicurezza che basti dare libero sfogo al suo esclusivo campionario di mossette, facce buffe e gag triviali per portare a casa la pagnotta. E certamente solo Jack Black può essere credibile mentre canta i Kiss, fa recitare Titanic ai Lillpuziani e millanta amicizie con Yoda e Jack Sparrow, gliene va dato atto. Lemuel Gulliver non è così diverso dai personaggi che Black interpretava in Alta Fedeltà, School of Rock e Be Kind Rewind. La differenza è che in quei film l’istrionismo incontrollato dell’attore è organico alla storia, mentre ne I Fantastici Viaggi di Gulliver l’idea è sviluppata malissimo, anzi, non è sviluppata affatto, e il film si aggrappa letteralmente alla performance del protagonista. A Jack Black basta un pretesto per scatenarsi e rendere amabili e divertenti personaggi che nella vita reale terremmo a debita distanza, ma assistere al gratuito greatest hits delle sue buffonate dopo un po’ mette quasi tristezza, sembra di vedere uno di quei bambini che vogliono a tutti i costi attirare l’attenzione. Due cose in particolare non mi hanno convinto: il cast a supporto di Jack Black, soprattutto nel ruolo di Horatio (perché non prendere un attore un po’ più carismatico?), ma anche Chris O’Dowd sembra una scelta poco felice per il cattivo, e l’adattamento italiano, con la scellerata scelta della coppia di doppiatori per caso Roversi/Blady per le voci dei regnanti di Lilliput. Con tutto il rispetto, tornate a fare il vostro lavoro e abbiate un minimo di umiltà quando vi propongono cose al di fuori della vostra portata. Film in 3D senza pretese per bambini? Mah. Il tipo di citazioni e il gioco di fandonie che Gulliver mette in piedi non possono essere apprezzati senza le giuste coordinate culturali, che però non sono comunque sufficienti per farsi piacere il film. Il caro biglietti impone ormai scelte oculate anche per gli spettacoli senza la truffa del 3D: eccone uno da evitare accuratamente e recuperare per puro spirito di devozione a Jack Black, su Sky di pomeriggio dopo il pranzo della domenica, tanto per conciliare l’abbiocco. P.S. La cosa migliore del film: il nome della barca di Amanda Peet, SHIP HAPPENS.

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