Ingredienti della Caesar Salad: insalata, olio, sale, aglio, pepe, parmigiano, crostini fritti, salsa Worchestershire. Pollo opzionale, ma gradito. E’ la cosa più sana che si possa mangiare ad ovest di New York. Anche al cinema.
Che c’entra col
Pianeta delle Scimmie? C’entra. Primo perché lo scimpanzé protagonista si chiama proprio
Caesar, secondo perché ho visto il film seduto in mezzo a dei messicani ruminanti che si sono alzati quattro volte per fare il refill di coca e che –giuro – si sono presentati in sala con l’insalata di pollo (la Caesar, appunto): ho realmente sperato che un gorilla irrompesse in sala e li strangolasse nella loro stessa cena da asporto, il mio livello di tolleranza già messo alla prova da una giornata a
Disney World passata ad essere rallentato ed infastidito da brigate di portoricani e messicani, i primi organizzati secondo una struttura matriarcale ( nonna, almeno tre figlie e almeno tre nipoti per figlia, età media della nonna: 40 anni, mariti assenti o in prigione, chi lo sa, capacità rara di farsi le foto nei posti più assurdi zoomando all’inverosimile così da escludere qualunque dettaglio al di fuori del primo piano…e che te la fai a fare la foto in posa allora?) i secondi in famiglie numerose di almeno quindici individui tutti obesi e sempre con qualcosa in mano da masticare. E nessuno capace di percepire l’utilità del
Fast Pass, ovvero l’equivalente del pollice opponibile in un parco a tema. E tu, ragazzina obesa e pelosa con le braccia corte, falla finita di cercare di toccare le cose in 3D sbracciandoti ed urlando come un’indemoniata.
SONO FINTE. Non è che non ci arrivi per le braccia corte, non ci arrivi perché
E’ UN’ ILLUSIONE OTTICA, perdiana. Quante volte lo devi fare prima di capirlo? ma torniamo alle scimmie. Digitali.
Il riavvio, vecchio trucco d’emergenza degli informatici, per stavolta, ha funzionato. Dimenticando il capolavoro del 1968 con
Charlton Heston (nonostante alcuni dovuti omaggi ed un “gancio” pressoché ininfluente), questo è il primo capitolo di una nuova storia e come tale va giudicato.
Contrariamente alle mie
pessimistiche previsioni, infatti,
L’Alba del Pianeta delle Scimmie di
Rupert Wyatt è praticamente autoconsistente ed estremamente godibile. La storia è quella di Caesar (
Andy Serkis), scimpanzé orfano super intelligente cresciuto in casa da Will Rodman (
James Franco), scienziato spericolato che testa sugli scimpanzé una cura per l’Alzheimer per salvare suo padre (
John Lithgow), con un virus che ha come effetto collaterale l’accrescimento dell’intelligenza dei primati sottoposti agli esperimenti – di una dei quali Caesar è appunto la progenie.
Dopo un incidente con un vicino molesto, Will deve rinchiudere Caesar, spaventato e sofferente nel capire di essere visto nel migliore dei casi come un animale domestico e nel peggiore come un mostro, in uno zoo prigione, dove, novello Clint Eastwood, architetta la fuga e guida la rivolta delle scimmie recluse contro i guardiani bastardi (Brian Cox e Tom Felton), e la razza umana. Senza aver conosciuto neanche un messicano in vita sua.
(Idea per un sequel, prendete nota: i rapporti tra scimmie e uomini degenerano fino alle armi nucleari quando Caesar, al bar, chiede un tramezzo prosciutto e formaggio – fuori menu - al cameriere messicano. …C’avete mai provato voi?)
Scherzi a parte, la rischiosa scommessa - per me, vinta - dell’autore è quella di incentrare un intero film sul dramma interiore di un personaggio digitale, non umano e che con gli umani si scontrerà duramente, mettendo al centro del film la sua condizione di escluso da due mondi ed il suo percorso di liberazione. Storia trita e ritrita, ma qui l’empatia coglie di sorpresa: la performance di Andy Serkis in motion capture è il cuore del film ed il dolore di Caesar è la cosa più reale e toccante, nonostante l’evidente e non sempre fluida manipolazione digitale. Se nel breve ma intenso climax finale vi ritroverete a parteggiare per le scimmie invece che per gli uomini il merito è tutto della prova dell’attore inglese che già ci aveva regalato un sontuoso Gollum.
A James Franco va riconosciuta la capacità di dare profondità ad un personaggio secondario e monodimensionale in maniera eccezionale (in teoria il suo ruolo è quello del protagonista umano, ma ben presto la figura di Caesar diviene predominante), come già dimostrato nella saga di Spider-Man, mentre Freida Pinto è una triste decorazione non necessaria, palesemente inserita a forza per conquistare qualche copertina di magazine rosa. Tutti i personaggi umani sono, a conti fatti, stereotipi da film di fantascienza di serie B, salvati solo da decorose interpretazioni: lo scienziato con il complesso di Dio che la fa grossa (due volte), il capo senza scrupoli, la bella utile come una suppellettile, il cattivo ottuso che scatena il conflitto. C’è anche Draco Malfoy che fa la fine che Harry Potter gli doveva far fare fin dalla prima elementare. Non mancano neppure i luoghi comuni dei film a tema carcerario tipo Sorvegliato Speciale: il protagonista innocente che si deve far furbo sennò gli fanno lo scherzo della saponetta, il capo della prigione che sembra buono ma è una merda, il capo delle guardie cattivissimo e con la faccia da cazzo, il prigioniero amichevole, quello grosso ma buono, quello che mena tutti e che va rimesso in riga.
Il titolo del film e, in parte, il trailer potrebbero trarre in inganno: questa non è la storia della guerra tra scimmie e uomini (nonostante tutto il casino che riescono a fare, le scimmie coinvolte alla fine sono circa una trentina, un po’ poche per sottomettere il genere umano –a parte il Messico - o anche solo per suggerire che sarà una conseguenza logica di quanto avviene nel film). Va bene così: quella storia già la conosciamo, era giusto raccontare qualcos’altro invece di aggiornare solo gli effetti speciali ( cosa che peraltro aveva già fatto Tim Burton col suo remake inguardabile). Manca – perché la ramanzina sul delirio di onnipotenza non la considero proprio – una riflessione sul rapporto dell’uomo con se stesso, che è il vero nocciolo di tutte le grandi storie di fantascienza, ma tale mancanza è compensata sul piano emotivo e narrativo, con un paio di scene davvero toccanti, e per stavolta alla FOX gliela passiamo. Fino al sequel che affonderà la saga di nuovo.
In conclusione: Ogni epoca ha la fantascienza che si merita, a noi tocca quella dei concept riciclati, della computer graphic, delle storie senza significato, dei brand. I binari su cui gli studio fanno correre oggi queste baracconate che chiamano film sono tali che il risultato risulti quasi sempre scoraggiante ed irritante, perciò un film come L’Alba del Pianeta delle Scimmie è il famoso uomo con un occhio solo nel regno dei ciechi (che giustamente non sa che farsene degli occhiali 3D), se non altro per esser riuscito dove aveva fallito Avatar, ovvero dare umanità ad una creatura mo-cap al punto da suscitare empatia.
P.S: Non voglio passare per razzista: il Fast Pass era sconosciuto anche a molti biondi ed atletici (si fa per dire) WASP americani. E per la cronaca, gli unici italiani incontrati hanno saltato la fila e progettavano di fregarsi gli occhialetti 3D, e mi hanno dato fastidio più di tutto il centroamerica messo insieme. Ah, erano del nord. Poi sono i romani e i napoletani...