Un brusco risveglio, un’impresa disperata, mostri orribili a cui non puoi sfuggire, compagni di sventura improbabili e fuori controllo, un ambiente ostile. Per questo, pur di non andare al lavoro, sono andato a vedere l'anteprima di Predators.
Adrien Brody si sveglia e, come in un incubo, sta precipitando nel vuoto e il paracadute non si apre. Così, con la scena migliore del film, ha inizio Predators, terzo capitolo della saga horror / fantascientifica iniziata nel 1987. All’epoca a combattere i cacciatori alieni c’era Schwarzenegger, oggi c’è Brody: lo scarto non è minimo, ma la differenza tra i due è proprio questa: che Brody è perfetto anche quando è un miscast, Arnold lo vedrei poco a suo agio – ad esempio – sul treno per il Darjeeling.
La trama in due righe (ovvero il doppio di quanto probabilmente è lungo il soggetto originale):
un manipolo di assassini provenienti da tutte le organizzazioni criminali e militari peggiori della Terra si ritrova a fare da preda in una riserva di caccia aliena. Anche senza Schwarzy, gli alieni però se la vedono brutta.
Ora, potrei sbagliarmi, ma questo Predators sembra proprio una versione splatter di Star Trek: cast multietnico (l’americano, l’israeliano, il giapponese, l’africano, il russo e il colombiano) che – di fronte ad un nemico comune decide di fare gruppo per salvare la pelle. Pertanto anche Predators è un inno alla fratellanza, a mettere da parte le diversità perché facciamo parte della stessa specie, a deporre (in questo caso imbracciare, ma il concetto è quello) le armi per un obiettivo comune. Potrei sbagliarmi, però.
La notizia, con Predators, è che non è un filmaccio e di questi tempi non è poco. Non c’è da stupirsi però: dietro quest’ennesimo rilancio di un vecchio brand c’è Robert Rodriguez, uno che il cinema, oltre a farlo, lo ama e lo conosce. Lo script di Predators era stato realizzato anni fa proprio da Rodriguez e messo in un cassetto quando Schwarzy declinò l’offerta. Opportunamente modificato, il progetto è stato rilanciato quando quel cassetto è stato aperto probabilmente da un executive della Fox che cercava le pasticche per l’ansia vista la mancanza di nuove idee. Rodriguez a quel punto si è offerto di fare da “padrino” al progetto, di mettere a disposizione, oltre al suo amore per la saga, la sua casa di produzione, la Troublemakers, e di lasciare la regia a Nimrod Antal: il risultato è uno dei migliori reboot degli ultimi anni.
Certo, non si grida al capolavoro e non avrà l’impatto che ebbe il primo (ma d’altra parte erano gli anni ottanta, dai); la trama è semplice e i personaggi sono i classici archetipi da action movie più che persone, la struttura è quella classica: il gruppo iniziale si assottiglia con decessi più o meno violenti fino a che non rimane solo il protagonista ed, eventualmente, la sua bella. Nelle mani sapienti di Rodriguez, queste caratteristiche di per sé non positive diventano i punti di forza del film. Che Rodriguez sappia che non deve prendersi sul serio lo dimostra la geniale scelta del pezzo sui titoli di coda: Long Tall Sally, intuizione mutuata palesemente dal suo amico Tarantino per dare un tocco di ironia ad un genere che raramente sa prendersi in giro davvero.
Per dare credibilità ad un concept buono per altre decadi, comunque, era necessario mettere di fronte agli alieni cacciatori un attore che desse spessore a tutta la vicenda. Adrien Brody (ma anche, in parte, Topher Grace), è l’uomo sbagliato al posto giusto. Se il suo duello finale con il Predator è intenso e credibile non è certo per merito dell’alieno.
Abbastanza inutile il personaggio di Laurence Fishburne, se non per spiegare (a noi) che i Predator che giocano con gli sventurati protagonisti stanno al Predator di Schwarzy come il lupo sta al cane (sic), anzi, che anche esso è una preda: infatti lo troviamo appeso come un pollo all’accampamento dei Predator del terzo millennio. Da questa rivelazione nasce l’ultimo atto del film, con un plot twist un po’ forzato ma efficace – e risolto in modo da impedire l’innesco di riflessioni su chi sia veramente il mostro e tematiche del genere: Predators è un film d’azione e basta, una guerra tra Alieni spietati e umani duri da uccidere – non ci sono eroi tra “i nostri”: sulla Terra, sono loro i predatori.
Insomma, se avete bisogno di dare aria ai neuroni o siete fan della serie, è difficile che questo titolo vi possa deludere. Se siete a caccia dell’ennesimo blockbuster fracassone ed inconcludente, invece, non è aria: Predators riesce anche ad evitare il ricorrente clichè del “più fa rumore mentre esplode, più è bello”, con degli scontri corpo a corpo tra i Predators e gli umani efficaci, originali e brevi, più alcune scene di “caccia” perfettamente calibrate tra tensione e azione.
Difficilmente vedrete su questo blog la recensione del (probabilissimo) sequel, ma questo non mi è dispiaciuto affatto.
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